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CAMPO MILITARE TEDESCO: VARIE TESTIMONIANZE DI CITTADINI DI PIANA DI MONTE VERNA

Pubblicato su da Raccolto da : Nicola D'Angelo

CAMPO MILITARE TEDESCO: VARIE TESTIMONIANZE DI  CITTADINI DI PIANA DI MONTE VERNA

Info raccolte dal web

Fanpage: la voce pianese

 

La Seconda Guerra Mondiale, come a tutti è noto, investì con la sua inaudita violenza anche il nostro piccolo paese. 

Le segnalazioni notturne delle sirene, gli aerei rombanti nel cielo, le fughe verso la frazione Villa Santa Croce, le lunghe ore notturne trascorse presso la vecchia fontana di via Frumale per custodire i recipienti in attesa del turno per prendere la poca ma necessaria acqua per la cucina e le pulizie, la paura per sé e per i propri cari scandivano la vita quotidiana di  quel periodo. 

A questo proposito riportiamo significative testimonianze raccolte da Ciro Rocco ne “La Guerra nel Caiatino” del 1995: un’istantanea significativa della vita dei pianesi al tempo della guerra.
 
Giuseppe Monaco, nato a Piana di Monte Verna nel 1906:
“Il mio nome è Monaco Giuseppe e vivo a Piana di Monte Verna. Quando iniziò la guerra avevo 33 anni. Abitavo in via Cornieri e i Tedeschi si accamparono vicino casa mia. Un soldato voleva prendere mio figlio ma, siccome era piccolo, lo lasciarono stare. Gli Americani si accamparono sul Volturno. Quando incominciò la battaglia, io e la mia famiglia fuggimmo sulla montagna e ci accampammo sotto un olivo e lì dormimmo per tre notti di seguito. Ma, poiché il posto non era molto sicuro, fummo costretti a rifugiarci in una casupola abbandonata insieme ad altre dieci persone, compreso un maiale che apparteneva alla proprietaria della casa. Verso mezzanotte arrivarono due Tedeschi con un piede di porco e cominciarono a picchiare sulla porta per poter entrare. La madre di mia moglie andò ad aprire ed io mi nascosi dietro una colonna. Quando quelli cominciarono a salire le scalinate per andare al piano superiore, io fuggii, dirigendomi verso il vicino bosco fino al mattino successivo. Poi ritornai per vedere cosa fosse accaduto a quelle persone che avevo lasciato e, per fortuna, i Tedeschi non avevano fatto del male a nessuno di loro. Un signore mi informò che in via Laurelli i Tedeschi avevano sparato a dieci mucche. Io mi costruii un rudimentale coltello e andai a prendermi un po' di carne, facendo mangiare tutte le persone che si erano rifugiate nella casupola. Il mattino successivo sentimmo sparare i cannoni e un colpo esplose dinanzi alla dimora dove eravamo rifugiati. Fummo così costretti a ritornare alle nostre rispettive case. Ma lì arrivarono quattro Tedeschi che poi si fecero catturare dagli Americani. Un giorno, mentre io e alcuni amici stavamo giocando a carte, arrivarono due Americani che avevano intenzione di strangolare il figlio di un mio amico. Così lasciammo perdere il gioco e ci dirigemmo in via Cornieri, dove giunsero anche i due Americani. Noi ci armammo di bastoni e li picchiammo finché uno di essi non fuggì e l'altro rimase steso a terra dolorante. (Testimonianza accolta da Giuseppe Mirto)

Luigia Friello, nata a Piana di Monte Verna il 19-9-1927
“Mi chiamo Friello Luigia, ho 67 anni e vivo a Piana di Monte Verna. All'epoca della guerra, cioè intorno al 1943, avevo solo 16 anni. Non ricordo un gran che, ma quello che ho visto lo ricorderò per tutta la vita. Vivevo in una località di Piana denominata Cerreta, quando cominciarono i bombardamenti tedeschi. Io e mia sorella fummo costrette ad abbandonare la casa e a rifugiarci nei pressi di Villa Santa Croce, precisamente in località Attoli. Dopo circa otto giorni, ci raggiunsero alcuni parenti che ci condussero in una grotta sulla collina, dove restammo per una quindicina di giorni. Quando finimmo i viveri che avevamo portato con noi, cominciammo a soffrire anche fame e sete. Nostro padre provò più volte a raggiungere la nostra casa, ma fu sempre bloccato dai Tedeschi. Per fortuna, egli aveva portato con sè una mucca che aveva ben nascosto nel vicino bosco. E così, col suo latte, riuscimmo a resistere fino all'arrivo degli Americani. A quel punto potemmo ritornare tutti a casa, e vivere di nuovo una vita quasi tranquilla”. (Testimonianza raccolta da Carmine Fiorillo)

Gennaro Mastroianni, nato a Piana di Monte Verna il 30-8-1912
“Il mio nome è Gennaro Mastroianni e abito in via Marano. Quando iniziò la guerra avevo 27 anni. In seguito ricordo che gli Americani avevano organizzato l'accampamento in via Acquerelle e al Monticello. Fu proprio al Monticello che si scontrarono con i Tedeschi. Con la mia famiglia mi rifugiai in una grotta sulle montagne per non farmi catturare dai Tedeschi. Non avevamo cibo. Poco lontano c'era una masseria dove ci recammo a prendere dei viveri. A casa mia arrivarono i Tedeschi e io li osservai mentre mi rubavano la scrofa incinta portandosela al campo. Ma la scrofa, dopo un po' di tempo, tornò a casa e la condussi con me nella grotta. Li però una scheggia di proiettile le tagliò il collo. Possedevo anche delle mucche che nascosi nel bosco con gli asini. Mio padre, intanto, era arrivato da Villa Santa Croce e si era rifugiato nella grotta insieme a noi. Ad un certo punto arrivarono anche i Tedeschi, due per la precisione. Uno di loro si fermò a dormire nella grotta, mentre l'altro se ne andò via. Dopo ne arrivarono altri due e alcuni uomini cercarono di aggredirli. Tuttavia i due Tedeschi si ribellarono, minacciandoli con le armi. Ricordo che, in quel momento, la nostra grande fortuna consistette nel fatto che il Tedesco addormentato nella grotta continuasse tranquillamente a dormire. A sera, quando anche questi se ne andarono, tornai a casa e vidi due soldati che scambiai per Tedeschi; poi mi accorsi che erano invece Americani, e li accolsi in casa. La mattina successiva ebbe luogo un violento scontro tra Tedeschi e Americani. Ricordo che in via Cerreta c'era un cannone vicino al quale un Tedesco si uccise per non essere catturato. Quelli che venivano catturati dai Tedeschi erano condotti a Montecassino, ma qualcuno riusciva a fuggire. Un giorno, a casa mia, trovai due soldati Tedeschi che parlavano con mio padre. Io avevo intenzione di sparare, ma non Io feci per timore che altri Tedeschi, per rappresaglia, uccidessero degli innocenti. Nel frattempo, ero riuscito a prendere alcuni moschetti, fucili e pistole. Ma, per timore delle perquisizioni tedesche, buttai via tutto. Finalmente, dopo tanti mesi di paura, l'occupazione tedesca ebbe fine, e io fui molto felice di essere sopravvissuto”. (Testimonianza raccolta da Giuseppe Mirto)

Tali testimonianze raccontano di tempi difficili e disumani, in cui la vita era davvero appesa ad un filo. 

A noi resta il compito di custodirle e tramandarle negli anni alle generazioni future per sensibilizzarli e rendere chiaro loro quanto la guerra sia disumana ed inutile.

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